Come organizzare una Azienda Palestra/Box a prova di stupido [parte 1]

Sulla scia dei due articoli “La Guerra dei Box”, che ti invito a leggere prima questo, se non lo hai già fatto (La Guerra dei Box Parte 1 e La Guerra dei Box Parte 2), proseguiamo la visione di come si sta evolvendo il settore fitness in Italia.

I due articoli precedenti parlano di CrossFit non perché fossero rivolti a chi ha un Box CrossFit, ma perché il tornado provocato da questo fenomeno è quello che ha svegliato l’intero panorama fitness, che ci piaccia o no.

Questo è il primo di 3 articoli e ti consiglio di non perderne nemmeno uno, perché troverai risposta probabilmente a tante preoccupazioni sul futuro, che probabilmente oggi hai.

Con questo articolo, voglio infatti cominciare a guidarti in un percorso che ti permetta di reagire ai cambiamenti che sono avvenuti e stanno avvenendo.

Ma per arrivare ad imboccare il sentiero della lunga vita della tua palestra, è necessario passare prima da alcune fasi di consapevolezza.

Questo è il primo obiettivo che voglio raggiungere oggi: sviluppare in te la consapevolezza di ciò che dovrai fare e prepararti a quello che verrà.

Parto da una prima considerazione.

Quando, nel 2018, abbiamo ospitato il CrossFit Level 1 a Cervia, ho voluto indagare un po’ sulle motivazioni per cui i partecipanti avevano deciso di fare questi due giorni di certificazione.

Lungi da me dal dare giudizi su qualcuno, tantomeno sui partecipanti alle certificazioni di CrossFit, l’ho fatto solo con l’intento di capire cosa ci aspettava e con chi avremmo avuto a che fare a breve periodo.

Gli esempi che faccio qui sotto quindi hanno l’unico scopo di farti capire chi sta entrando nel panorama fitness, chi si sta avvicinando a noi e chi ci impensierirà nei prossimi anni.

Lo ripeto perché è importante: non importa che tu sia un centro persona, una palestra o un Box CrossFit.

Quello di cui parliamo qui è una tendenza che ha influenzato gli ultimi 6 anni e influenzerà per i prossimi 6 l’intero panorama fitness italiano.

Ho voluto interrogare due persone che, durante il Corso, facevano pratica sui pull ups scalando i movimenti, utilizzando un box alto 60 cm sotto i piedi per darsi la spinta e riuscire a varcare la barra con il mento.

Questo è lo scaling che utilizziamo generalmente per chi fa CrossFit da un paio di settimane.

Cioè, stavano facendo il Level 1 due persone che probabilmente non avevano mai provato a fare un pull up nella loro vita.

E’ un pò come se all’esame del brevetto da bagnino di salvataggio si presentasse uno che non sa nuotare.

Domanda: “Ma perché fai la certificazione Level 1?”

Risposta: “Eh, lavoro in palestra e se faccio questa certificazione prendo molta visibilità”.

Domanda ad altre due persone, anche loro in palese difficoltà e un rapporto estremamente conflittuale con l’elemento alieno della barra: “Ma perché fai la certificazione Level 1?”

Risposta: “Eh, stavo pensando di aprire un box: lavoro in palestra e mi sono stufato”.

Ok.

Non avevo bisogno di capire altro.

Storia di una imprenditoria segnata.

Facciamo ora un salto indietro nel passato, per poi tornare a bomba e collegare il tutto al presente del CrossFit italiano, e come detto anche al presente di tutto il settore fitness.

Parliamo di come è nata e si è sviluppata l’imprenditoria dagli anni ’30 in poi.

Oggi definiamo l’Italia come un paese in crisi.

Il sistema economico è paralizzato, le aziende fanno fatica a rinnovarsi e resistere alla globalizzazione, i licenziamenti sono all’ordine del giorno. Per non parlare della recente pandemia che si è aggiunta a questa situazione, peggiorando il tutto.

Bene, in questa situazione la crisi non c’entra nulla: la situazione in cui l’Italia è in questo momento parte da lontano, da molto più lontano.

La realtà è che non siamo in crisi. Stiamo semplicemente pagando il conto della globalizzazione: imprese più evolute, provenienti da paesi più evoluti stanno facendo il culo alle nostre.

Se togliamo la retorica del “noi siamo più creativi degli altri”, “la moda e la pasta sono roba nostra”, tipica di chi si improvvisa imprenditore in Italia, la situazione che ci si prospetta è veramente desolante.

Perché siamo così indietro e come è necessario muoversi oggi per invertire la rotta?

Sarebbe troppo semplice e populista dare la colpa alla politica, alla scuola, al Governo Ladro e così via.

Sarebbe troppo facile dire semplicemente che negli USA, ad esempio, sono tutti più bravi e tutti più avanti.

E’ vero certo, sono più bravi e sono 50 anni avanti a noi, ma perché?

Le ragioni di questa arretratezza culturale italiana dal punto di vista imprenditoriale è molto più semplice di quello che pensiamo.

In Italia c’è stata una cosa che gli statunitensi non hanno vissuto in modo diretto: la seconda guerra mondiale.

Quindi, mentre negli Usa l’economia continuava a macinare ed avanzare, in Italia la seconda guerra mondiale e la devastazione che ne è seguita non ci ha permesso di stare al passo.

Negli anni 60′ eravamo ancora all’inizio di un boom economico dovuto all’effetto della ricostruzione. Non c’era bisogno di far nulla di complicato per vendere: mancava tutto e quindi qualsiasi cosa ti potesse venire in mente di aprire o creare e vendere era un successo.

C’era una Italia che aveva bisogno di tutto e che voleva e doveva comprare tutto, qualsiasi cosa.

Se a questo aggiungiamo una sorta di “protezionismo” tipico italiano, cioè la tendenza a fare affari con le persone del proprio territorio per motivi di diffidenza culturale, tendendo a non considerare tutti quelli che erano a più di dieci chilometri, si capisce come mai qualunque concetto legato al marketing e alla “vendita” non sia stato sviluppato.

La verità è che le aziende italiane hanno prosperato nonostante fossero progettate per fallire.

Detto in termini semplici, le aziende in Italia sono sempre cresciute e prosperate nel mito del “prodotto di qualità”, ignorando completamente le necessità di curare il vero motore del business, che è appunto creare una azienda con processi ingegnerizzati.

Questo per un motivo molto semplice: nonostante le aziende italiane siano progettate male, là fuori c’è sempre stato un mondo che aveva bisogno di comprare.

Reti vendita composte da rappresentanti con la seconda elementare e senza la minima competenza di vendita se non una spesso blanda conoscenza del prodotto, hanno “venduto” una montagna di merce.

Ma come tutto questo è potuto continuare quasi fino ai giorni nostri?

Perché il tessuto imprenditoriale era ed è tuttora composto da aziende piccole o piccolissime, che offrono in locale semplicemente la copia della copia della copia del prodotto originale, a minor prezzo, con più personalizzazione e assistenza.

Aziende che non sapevano proporsi e venditori che non sapevano vendere, hanno fatto affari d’oro per la semplice inerzia innescata da una domanda che non si arrestava.

Adesso portiamo questo quadro imprenditoriale di storia degli ultimi 70 anni ai giorni nostri e al nostro settore.

Nel mondo del Fitness la cosa ha funzionato esattamente così.

Le palestre sono rimaste praticamente identiche dagli anni 80 fino a quasi al 2010, senza nessuna vera innovazione.

Gli anni 1980-2010 per noi hanno rappresentato gli anni ’50-’60 dell’Italia.

Con l’arrivo di CrossFit, verso il 2008, i pionieri di questa disciplina aprivano i primi Box (fino al 2013 ci si conosceva tutti), e CrossFit cominciava a diffondersi e a piacere, a tutti.

Per fare CrossFit in Italia, prima del 2010, dovevi per forza andare nella storica CrossGym di Maddaloni, uno dei pionieri di questo sport, insieme al grande Bart Lanzarone.

Quindi ovunque tu abitassi, se volevi fare CrossFit, prendevi la tua macchina e andavi lì, facendo anche 300-400 chilometri.

Nel 2012, se volevi fare CrossFit i box in Italia erano più o meno 10: a Milano eravamo in tre.

Quindi, anche se abitavi a Milano, ti facevi 60 chilometri al giorno pur di fare CrossFit e non allenarti in una GloboGym.

E così chi ha aperto un Box CrossFit nel 2012 -14-15 ha coperto un buco di mercato ed una voglia di novità che era latente da ormai più di 20 anni.

Se fossero stati lungimiranti, I Box CrossFit già aperti, avrebbero dovuto cominciare proprio in quel periodo di vacche grasse, a preparare le scorte per i tempi duri.

E invece oggi, si ritrovano in un contesto in cui si comincia a stare stretti e a venir attaccati da tutte le parti.

Il mondo del Fitness si è svegliato ormai da tempo, e le palestre hanno reagito al fenomeno, rinnovandosi e dando vita ad una nuova era del Fitness.

Il mercato però oggi è estremamente saturo: l’offerta di palestre e Box è decisamente più alta della domanda.

Sei convinto che quanto ti sto dicendo non sia vero?

Ok, leggi la continuazione.

Chissà che forse non riesca a portare un po’ di buon senso nell’operato di qualcuno.

Disegniamo la situazione tipo che troviamo oggi in giro.

Il signor Francesco Improvvisati ha aperto il suo Box CrossFit o la sua palestra due anni fa e pensa di fornire un buon servizio ai suoi iscritti (in fondo ci ha messo tutto se stesso: era un manager di una azienda fino a tre anni prima, quindi lui ha esperienza nel gestire).

Lo ha chiamato Tantebellecose Fit.

Alla reception ci mette la moglie Addolorata Secca, che avendo lavorato in amministrazione in una grande azienda, i conti li sa far quadrare.

Poi ha un amico che fa il commercialista, Pasquale Arraffa, che fa pagare una miseria i suoi servizi (d’altra parte è un amico…).

Ha anche un altro amico, Carlo Cantastorie, che smanetta un sacco sui social e che gli può gestire tutta la parte di comunicazione (e questo lo si sistema facendolo allenare gratis in cambio della gestione dei social).

Oh, ma che fortuna!

Francesco ha anche l’amico che sa fare i siti internet! 

Caspita!

Risolto il problema del sito: anche lui lo facciamo allenare gratis così anche il sito sarà gratis! 

www.tantebellecose.fit sarà un sito meraviglioso!

Francesco lavora 12 ore al giorno, all’inizio anche di più perché si fermava a fare le pulizie alla sera. 

Ma poi ha trovato un altro amico, Carletto Splendor, che è in cassa integrazione. E allora prendendo due piccioni con una fava, ha dato anche una mano al suo amico: e Carletto comincia così a fare le pulizie e in cambio si allena gratis.

E così, tra parentesi, sono già in tre che si allenano e non pagano. Chiusa parentesi.

Le cose però stanno girando bene: il numero di soci aumenta di mese in mese, e mentre fa quelle belle class piene piene, Francesco pensa tra sé e sé: “Quasi quasi è arrivato il momento di ampliarsi”

Meraviglioso!

Sembra che tutto fili liscio come l’olio, ma sai quanti giorni restano a Francesco prima che la sua palestra fallisca?

Beh, dipende.

Dipende da quanto tempo ci metterà qualcuno a capire che è attaccabile, che lavora su un bacino di utenza buono e che con un minimo investimento può aprire un’altra palestra concorrente a 200 metri, e cominciare a rubargli i clienti.

E risparmiamoci per favore le solite storie, cioè che Francesco dà un servizio di qualità, che Francesco è un coach fortissimo, che Francesco sì che è una bella persona ecc…

A questo proposito, mi viene in mente una conversazione con il mio capo di tantissimi anni fa, un napoletano simpaticissimo.

Un giorno mentre facevamo una valutazione per confermare alcune persone che stavano finendo il periodo di prova, a proposito di uno che non gli andava tanto a genio (e aveva ragione), mi chiese: “Robbé ma questo qui com’è? Come si sta comportando? Sa fare il suo lavoro?”

Risposta mia: “Gino (così si chiamava il mio capo) che ti devo dire, è un bravo ragazzo…”

Alzando la voce e tirandomi uno schiaffo sul coppino colossale Gino esclamò: “Robbé, porca puttana, non me ne frega una minchia se questo è un bravo ragazzo, qui non abbiamo sorelle da sposare!”

Ecco, ai vostri clienti che voi siate delle brave persone probabilmente non gliene frega una “emerita minchia” per usare le parole di Gino.

E anche ai clienti e ai futuri concorrenti di Francesco non gliene frega “una minchia” che lui sia una brava persona.

Chi arriverà a fare concorrenza a Francesco non arriverà dalla luna…

Magari è proprio un suo cliente…

O ancora meglio un suo coach, che dopo essersi allenato o aver insegnato nel suo box ed avere quindi studiato per bene e per lungo tempo i suoi punti di forza e di debolezza, si organizza per colpirlo dove è più fragile (praticamente su tutto).

Francesco non ha nulla di ingegnerizzato, nulla di strutturato e pensato: tutti gli ingranaggi si muovono per conto loro e senza nessuna professionalità.

La moglie tiene i conti ma non vede più in là della reception in cui muore dentro per 10 e più ore al giorno; l’amico commercialista ha i fatti suoi da fare, e visto che Francesco non paga è sempre l’ultimo della lista; quello che smanetta sui social fa il pizzaiolo e anche lui ha i suoi impegni, e non parliamo di quello che gli ha fatto il sito: per cambiare una frase in una pagina ci mette un mese.

Quando aprirà il nuovo concorrente, offrirà quindi probabilmente un servizio anche migliore del suo e magari con prezzi di qualche euro più bassi.

Il risultato sarà che, dopo aver lavorato come un pazzo per 15 e più ore al giorno, Francesco si troverà attaccato dalla concorrenza e non riuscirà a capire come possa essere successo, perché i suoi clienti che stavano tanto bene nella sua palestra e pensavano di lui tante belle cose cominciano ad abbandonarlo in massa.

Ma soprattutto non saprà cosa fare per invertire la rotta di questo treno che lo ha colpito in piena faccia.

E no, sua moglie Addolorata, il suo amico commercialista, il suo amico smanettone dei social e quello che fa siti internet per le pizzerie non avranno risposte e aiuti per lui. 

Francesco e la sua tribù di improvvisati non sapranno cosa fare, perché hanno sempre improvvisato tutto, non hanno mai fatto niente facendo analisi e valutazioni, non hanno mai preso in considerazione la possibilità che un giorno un treno sarebbe potuto arrivare e colpirlo in piena faccia.

Molti si stanno già trovando in questa situazione e molti hanno già chiuso per situazioni simili a questa.

Oggi non puoi più commettere errori.

Oggi devi diventare un imprenditore.

Se continui a gestire la palestra come una comunità o il giardino di casa tua, qualcuno ti farà uscire dal mercato.

Il problema è che quando questo succede, quando qualcuno ti attacca, non ti lascia scampo, perché lo fa all’improvviso, senza segnali.

Oggi bisogna costruire una macchina forte e solida, che sia inattaccabile anche da qualcuno che ti apre a 200 metri di distanza.

Per farlo però ci vuole tempo, formazione e soldi.

Sono tante le aree che devi consolidare:

  • Devi creare uno staff professionale, e quindi devi investire tempo e soldi nella formazione dei tuoi coach e del personale che sta in reception e alle vendite
  • Devi formare le persone che si occupano del contatto con i clienti
  • Devi formarti dal punto di vista gestionale e amministrativo
  • Devi avere delle competenze di marketing, comunicazione e vendita, e le devi trasferire il più velocemente possibile a tutto il tuo staff

Se sei nella cerchia dei titolari che ha confuso il mestiere dell’imprenditore con quello del coach/trainer, e a sua volta ha confuso quello del coach con quello del coreografo, forse è ora che cominci a fare due riflessioni.

Coach e owner sono due mestieri diversi.

Se hai aperto una palestra, non sei più un trainer e ti servono competenze diverse.

Se ti piaceva tanto insegnare, aprire una palestra è stata probabilmente la scelta più sbagliata che tu potessi fare, perché avere una palestra è la cosa più lontana che ci sia da insegnamento e allenamento.

E quindi?

La soluzione te la dirò nel prossimo articolo, che uscirà tra pochi giorni e parlerà di tante cose e soluzioni interessanti, riguardanti marketing, comunicazione e vendite.

Ti consiglio vivamente di non perderlo e intanto approfondisci gli argomenti sulla consulenza per palestre.

 

Cordialmente,

Mister Beef

Roberto Manzi

Roberto Manzi

* Co-Owner di Gym Partner e Business Partner
* Co-Owner di GS/Loft Milano Marittima
* Co-Owner di CrossFit Cervia
laureato in economia, Imprenditore e Consulente con 20 anni di esperienza in aziende multinazionali.

Nel 2012 ha aperto uno dei primi Box CrossFit in Italia, venduto poi nel 2018, realizzando la prima operazione di vendita con profitto di un box funzionale.

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